HAMLET PROJECT – UFFICIO STAMPA – L’Amleto Ritrovato

Cigliano mette in scena il primo testo shakespeariano.

C’È DEL CORAGGIO IN ITALIA, SE IN TEMPI COSÌ BUI PER IL TEATRO ESISTE ANCORA CHI RISCHIA DEL SUO E SI LANCIA IN PROGETTI ARDITI.
Lo fa, con l’entusiasmo che da sempre lo caratterizza, Patrizio Cigliano, una «testa calda» (avercene!) della scena,
un pasionario che non si lascia sfiduciare dalle crisi.
Uno che col «cuore aperto» (titolo, non per caso, di uno dei suoi spettacoli più longevi e fortunati) va incontro ai riflettori e se ne lascia abbagliare.
La sua ultima impresa si chiama Hamlet Project ed è visionaria dal principio alla fine. Tira fuori l’Urtext shakespeariano – la versione scoperta da Sir Henry Branbury nel 1823 e solo recentemente attribuita con certezza al Bardo
– e ne allestisce per la prima volta la rappresentazione in Italia, curandone traduzione, adattamento e regia.
Una versione snellissima, due ore in tutto – rispetto alle circa cinque a cui arrivarono le successive versioni della tragedia – che corrono veloci come saette,
dove Shakespeare aveva già messo tutto quel che serviva. Tutto è concentrato in una scatola scenica girevole con tendaggi che aprono prospettive su interni diversi – la reggia, la stanza di Gertrude, la sala delle udienze –
mentre tele issate a vista come vele creano quinte e fondali laddove servono. Il teatro come ingranaggio semplice ed efficace, una luce strillata sul pubblico a evocare il fantasma (che ha la voce di Gigi Proietti, sempre generoso con i giovani attori),
un dettaglio del costume a definire il personaggio (elmetti per le guardie, il medaglione con la catena al collo per Amleto) e una recitazione sbrigliata, senza paura del tono pop, di quel piglio guittesco che era calcato per certo dagli attori del glorioso Globe,
sottolineato dal ritmo incalzante dei tamburi. Si veda quel discorso del re fratricida, che impalma la regina tra gli applausi petroliniani della corte, o i giullareschi Rosencrantz e Guildenstern (Biagio Musella e Cristiano Priori).
Amleto il pallido, l’incerto – che in questa versione ha una malinconia più nettuniana, molle e sfuggevole, che saturnina – è stato affidato ad Alessandro Parise, dovendo Cigliano compensare un infortunio improvviso del Polonio di Gianni Giuliano.
Parise ne fa affiorare la titubanza e l’aggressività insieme, in quella che è la tragedia delle anime deboli, da Gertrude (interpretata con tratti teneri da Daniela Cavallini) incapace di dire di no a un impulso amoroso sconveniente,
a Ofelia (la vibrante Domitilla D’Amico) la cui innocenza è straziata da realtà contrastanti. E così il Laerte (l’irruente Marco Montecatino) che si lascia manipolare dal re in un duello disonesto e lo stesso monarca traditore (Daniele Sirotti), troppo vile per agire frontalmente.
Dovendo affidarsi al copione per un cambio di parte all’ultimo momento, Cigliano sa comunque dar corpo e voce al suo Polonio, ai suoi «voilà» che sembrano altrettanti frivoli falpalà su un vestito che non ha sostanza, sui buonsensi troppo ovvi per avere consistenza di pensiero.
È un «progetto amletico» che Cigliano, da attore e da regista, dimostra di saper prendere con mano sicura, forte di un’esperienza lontana nel tempo (la fortuna, ai tempi dell’Accademia, di aver studiato Amleto per due anni mezzo con.un maestro come Orazio Costa),
e del desiderio costante di incontrare un giorno il principe di Danimarca sui suoi passi teatrali. E per quello che era il sogno della sua vita, ha avuto un’attenzione speciale anche per il cast: gli attori li ha scelti uno per uno, con la pratica – anche questa inedita in Italia – dei provini anonimi.
Senza curriculum (e senza «padrini»), gli aspiranti si sono presentati online, riprendendosi con uno smartphone e unavolta formato il gruppo, tutti sono diventati produttori dello spettacolo, dividendo onori e oneri in ugual misura.
Il risultato è in scena al Teatro dell’Orologio, spazio romano che con Cigliano condivide il coraggio del fare, fino a domenica. E fino a quando qualcuno offrirà un’altra chance e una nuova tournée, dove Patrizio potrà essere Amleto senza rincalzi. Se lo merita.

ROSSELLA BATTISTI
rbattisti@unita.it

UFFICIO STAMPA – HAMLET PROJECT

Al Teatro dell’Orologio di Roma è in scena fino al 6 aprile Hamlet Project, uno spettacolo auto-prodotto dall’eccellente cast, che ha superato le Anonymous Audition, in cui spicca Alessandro Parise nel ruolo del protagonista. La voce del fantasma è di Gigi Proietti.
Sono innumerevoli le versioni cinematografiche e teatrali dell’Amleto di Shakespeare, eppure, spesso, ogni rappresentazione ha quel qualcosa di diverso, che dona alla tragedia un aspetto nuovo in grado di arricchire ancor di più l’opera. È questo anche il caso di Hamlet Project, che Patrizio Cigliano propone al pubblico del Teatro dell’Orologio e che trabocca di estasiante raffinatezza ed eleganza e vede trionfare la bravura di tutti e dieci i protagonisti.
La bellezza dello spettacolo è dovuta infatti soprattutto al cast, che nasce dopo dei provini realizzati attraverso uno smartphone. Si tratta di un progetto innovativo, un vero e proprio Talent Scouting Teatrale basato esclusivamente sul talento. Nessuno degli attori ha esibito un curriculum, bensì ha realizzato un provino del tutto anonimo, che rilancia il ritorno del principio di cooperativa ‘70, in cui tutto il cast produce lo spettacolo diventandone proprietario e i proventi vengono suddivisi in parti uguali.
Un duro lavoro che emerge e che attrae, in cui anche le tavole in legno del palcoscenico trasudano emozione per tutta la durata dello spettacolo; due ore intense, che sembrano nulla rispetto alle classiche cinque, ma che scorrono e appassiono e hanno l’imprevedibile pregio di rendere tutta l’essenza del dramma shakespeariano.
L’opera tocca le corde della tragedia di umana vendetta familiare dove si consuma l’orrore del fratricidio per fini politici. Amleto, che si sente tradito come Principe di Danimarca e come figlio è spinto dal fantasma del padre (la cui voce è stata gentilmente prestata da Gigi Proietti, degno di lode per la sua partecipazione) a vendicare la morte del genitore, ucciso dal fratello Claudio, che poi ne ha usurpato il trono e sposato la vedova Gertrude, la Regina madre.
Questa versione, tratta dalla prima stesura dell’Amleto, racchiude anche una sorprendente vena comica, cosa difficile dato l’impianto della trama, ma ben rappresentata da Rosencrantz (Biagio Musella) e da Guilderstern (Cristiano Priori), due guitti, quasi da avanspettacolo, perfetti simboli dei deboli usati dai potenti per i loro fini e vittime delle loro stesse macchinazioni, con la sola colpa di essersi trovati lì in quel momento.
Nonostante l’assenza di Gianni Giuliano per un infortunio, il cui ruolo, quello di Polonio, è stato ricoperto magistralmente dal regista, che ha recitano con il copione alla mano, Hamlet Project non ha avuto mai cedimenti nel corso della rappresentazione, sorretta da un testo impegnativo e rinnovato grazie alle interpretazioni di tutti. Nessuno escluso.
Alessandro Parise regala un Amleto superlativo, ricco di tutte quelle sfumature che fanno grande e potente il personaggio colmo della sua rabbia; quando si confronta con la madre – una sublime Daniela Cavallini – i brividi invadono il corpo, tanto è la potenza degli sguardi sorretti anche dalle luci e dai curatissimi costumi, che nella sofisticata semplicità d’uso danno quel tocco in più che rende unica e indelebile, come una fotografia, la scena.
Di grande impatto la musica, che avvolge lo spettatore già prima di prendere posto e che risuona nelle orecchie come il tintinnio dei fioretti che Parise e Marco Montecatino (Laerte) armeggiano con due veri spadaccini. Geniale inoltre la scenografia. L’idea di utilizzare un baldacchino girevole per il cambio delle scene è anch’essa vincente, tanto che fa rivivere l’epoca della tragedia e amare Shakespeare e il teatro, al di sopra di ogni altra immaginazione.

Alessio Neroni

30-03-2014

http://teatro.persinsala.it/hamlet-project/10245

UFFICIO STAMPA – Un Amletico progetto

Ladies and gentlemen, ecco a voi Hamlet Project, adattato e diretto da Patrizio Cigliano, in scena al Teatro Tor Bella Monaca dal 13 al 15 marzo e al Teatro dell’Orologio di Roma alla Sala Moretti dal 19 marzo al 6 aprile 2014.
Gli attori, tutti in vista sul palco, suggeriscono l’idea di un teatro partecipato e collettivo, sempre impegnato nella costruzione delle scene – cosicché anche i cambi d’abito delle volte sono evidenti.
Un’atmosfera dark in sala, forte tragica e sensuale, complici musiche (di Giacomo Del Colle Lauri Volpi) che potrebbero essere il preludio di un convincente musical, a sostenere il dramma dei drammi, vibrante e coinvolgente.
Siamo di fronte a un Amleto essenziale, alla continua ricerca di verità drammatica, trovata nella semplicità scenica resa al modo dell’autentico Globe. I costumi, sufficientemente sontuosi e molto scenografici (ideati da Andrea Viotti), ripropongono lo stile degli attori d’un tempo, cui bastava un accessorio, fosse una maschera un manto o un elmetto a farli diventare personaggi, di volta in volta pronti al cambio d’abito e liberi di lasciare allo spettatore l’incanto dell’immaginare, da un particolare, l’intero costume e finanche un ampio paesaggio.
Su tutto incombe presenza dello spirito di Re Amleto I, magicamente interpretato dalla voce di Gigi Proietti a tratti annebbiata come da visioni oniriche ed evocata da fioche illuminazioni, fari accesi in alternanza (disegno luci di Pietro Sperduti) per un risultato emozionante e insolito che ben trasmette l’incoerenza degli stati d’animo del protagonista. Amleto è un’anima tormentata, uno spirito più che ribelle, incapace di agire e fin troppo abituato a giudicare e criticare, efficacemente interpretato da un bravissimo Alessandro Parise, il cui addolorato esuberante fragile Amleto chiama applausi a scena aperta.
Questo progetto, di per sé “amletico” (potrebbe suscitare dubbi sulle modalità realizzative), di fatto è stato sicuramente una grandiosa operazione mediatica; lo stesso testo cui si rifà non è quello canonico e istituzionale, sembra essere quello originale, mai andato in scena in Italia, del primo Amleto pubblicato (risalente al 1603, versione scoperta da Sir Henry Branbury nel 1823); i dieci attori sono stati selezionati tramite provini mandati in rete da smartphone secondo l’innovativo sistema anonymous auditions, che ora dà nome alla compagnia; la produzione di per sé è corale, prevedendo la divisione degli incassi tra tutti i componenti del cast come nelle compagnie di un tempo. Questo lavoro ha comportato sei mesi di prove, incentivato e sostenuto da collaborazioni esterne di grande pregio – dal già citato Proietti a Leo Gullotta, da Giuseppe Manfridi e Michele Placido a Blas Roca Rey;ancora altri noti professionisti hanno contribuito alla promozione del progetto via web.
Tra le notevoli esibizioni, vanno senz’altro menzionate l’eccellente interpretazione di Polonio (Gianni Giuliano, tra l’altro ottimo doppiatore) e la performance del capocomico (Andrea Cannucciari); Orazio (Marco Manca) e Laerte (Marco Montecatino) convincenti nella norma; memorabili i due divertentissimi Rosencrantz e Guildestern (nell’ordine Biagio Musella e Cristiano Priori), i quali offrono agli spettatori gustosissime scene di sostenuta ilarità con le loro fisicità asciutte e puntute, riccioluti come pagliacci, clownescamente goffi e vittime dell’autorità, forieri di assoluta comicità e maschere tragiche di grande levatura. Di contro, non troppo efficaci le figure femminili, da una un po’ troppo incessantemente lamentosa Ofelia (Domitilla D’Amico) a una Regina poco ‘gertrudesca’ (Daniela Cavallini), moglie di un Re Claudio non abbastanza perfido, eppure volutamente viscido (Daniele Sirotti). Per la scena del duello finale sono stati coinvolti i maestri d’armi Massimo Cimaglia e Dario Spampinato, alla regia hanno collaborato Giorgia Palmucci e Marco Barbato.
A riproporre la centralità del Globe, sul palco una struttura quadrata che viene spostata e girata a seconda delle esigenze, vero fulcro di tutta la scena (disegno di Fabiana De Marco), quasi una scatola magica che si presta alle shakespeariane illusioni drammaturgiche creando un senso di mistero e di attesa. Anche in questo Cigliano mostra grande attenzione ai continui riferimenti meta-teatrali del Bardo, inserendo laddove può piccole scene nella scena, teatrini, entrate attoriali dinamiche, drammatiche, appassionate, energiche, con monologhi pieni di pathos, dialoghi sostenuti, maestose scene di gruppo.
Il pugnale di Amleto con la punta ricurva, presente nel logo del progetto drammaturgico di Cigliano, domina costantemente la scena: anche grazie a opportuni giochi d’illuminazione, quel pugnale di vendetta e purificazione impera violentemente e, ricordando una croce nell’impugnatura, richiama direttamente al sacrificio divino imponendo una riflessione sullo stesso significato di Amleto.
La sua rabbia è rivolta verso gli stolti, gli ingenui, gli ambigui, gli incoerenti, e la sua duplice funzione di salvatore del proprio nome e vendicatore dell’onore offeso è come una medaglia dalla duplice faccia; quella stessa medaglia indossata dal Principe di Danimarca con orgoglio ferito e sanguinante, dramma di chi si danna per l’ingiustizia subita condannandosi all’infelicità, rivendicando con gesti estremi quell’Eden perduto fatto di amore e innocenza, giovinezza e ingenuità. Amleto è l’erede ancora immaturo di un regno ideale e utopico, adulto ormai vecchio nella sua insoluta sofferenza.

Maria Raffaella Pisanu

Sabato 29 Marzo 2014 17:50

http://www.oltrecultura.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2689%3Aun-amletico-progetto&catid=38%3Arecensioni-prosa

UFFICIO STAMPA – HAMLET PROJECT

La Compagnia Arcadinoè porta in scena la prima stesura pubblicata nel 1603 della celeberrima tragedia shakespeariana, ideando un ambizioso e intelligente progetto di co-produzione in caratura, dal 19 Marzo al 6 Aprile 2014 al Teatro dell’Orologio

Essendo una delle tragedie più rappresentate nella storia del teatro è quasi raro vederne una messa in scena classica che forse, senza nulla togliere a operazioni di stravolgimenti drammaturgici, è la migliore possibile per rendere onore alla perfezione di un testo come quello dell’Amleto di Shakespeare.

La fedeltà al testo è uno dei punti di forza dello spettacolo realizzato dalla Compagnia Arcadinoè. L’opera si offre al pubblico incorniciata in una scenografia essenziale, che attraverso semplici artifici riesce a ricreare facilmente diverse ambientazioni con risultati sempre efficaci; i celebri intrecci della corte di Elsinore si snodano in due ore contro le quattro – circa – delle stesure più note. Il copione, infatti, è un adattamento della prima versione della tragedia, pubblicata nel 1603 ma ritrovata solo nel 1823. In questo vecchio volumetto rinvenuto casualmente da Sir Henry Branbury nella sua biblioteca, ci sono poche, ma sostanziali differenze come, ad esempio, un diverso coinvolgimento della regina, che dichiara la sua totale estraneità al complotto contro il re, o la brevità, che però non ne riduce l’intensità, del celeberrimo monologo del giovane Amleto. Per quanto le successive diano una ricchezza di prospettive e una caleidoscopica possibilità di visioni sui personaggi, questa prima stesura racconta il cuore delle vicende del principe.

Un secondo punto di forza e certamente degno di nota è l’espediente produttivo alla base di questo progetto teatrale il cui ideatore Patrizio Cigliano – anche regista – ha rispolverato: il principio di cooperativa; un modello molto praticato negli anni 70 in campo teatrale. Tutto il cast è produttore e quindi proprietario dello spettacolo. Questo ha reso possibile coinvolgere ben dieci attori, che per la messa in scena di opere come questa – dove il numero dei personaggi è consistente – può essere una condizione essenziale, tanto da comportare la rinuncia di rappresentarla da parte di piccole produzioni. Le musiche originali e i costumi, semplici ma evocativi, contribuiscono ad un piacevole risultato estetico ben supportato quasi sempre dalla recitazione. Si avverte nel protagonista Alessandro Parise un’intensa verità, che invece a tratti in alcuni degli altri interpreti si perde. Questo è l’unico punto debole di uno spettacolo comunque godibile e che si misura con un testo la cui profondità e universalità può facilmente renderci molto critici soprattutto sulle infinite possibilità di dare vita ai suoi personaggi. Forse perché, ormai, ognuno di noi sente Amleto un po’ suo.

Alessandra Pavoni

http://www.pensieridicartapesta.it/2014/03/28/hamlet-project/

UFFICIO STAMPA – “Shakespeare’s Hamlet Project”, un’impresa contro la crisi del teatro

Prima di entrare in un’analisi dello spettacolo in sé, bisogna partire dalle origini del tutto: Hamlet Project è una produzione collettiva, fortissimamente voluta da Patrizio Cigliano, personalità non estranea a operazioni teatrali particolarmente ardite, che ha messo insieme un cast attraverso provini del tutto anonimi – leggi, senza esibire curriculum – e rigorosamente online. Un talent scouting teatrale a tutti gli effetti, in cui è stato premiato solamente il talento. amletoAltro punto: per far fronte alla spaventosa paralisi produttiva e all’immobilismo della crescita di carriera attoriale che affliggono il nostro teatro, Cigliano ha escogitato una nuova forma di produzione a partecipazione diretta – a caratura, si direbbe – dove ogni interprete partecipa economicamente alla realizzazione dello spettacolo, diventandone legittimo proprietario. E tutto, spese quantificate e incassi, sarà diviso in parti uguali, indipendentemente dal ruolo. Infine qualche numero: 6 mesi di prove, 2 volte a settimana, per un totale di oltre 63 giorni e 400 ore.

Alla base dell’impresa, la più famosa tragedia al mondo, Amleto di William Shakespeare, nella prima stesura del 1603 (mai portata in scena in Italia), ormai quasi ufficialmente attribuita al Bardo di Avon. Scoperta da Sir Henry Branbury nel 1823, l’opera si presenta in una forma ben più cruda e asciutta rispetto alla stesura ufficiale che, con le sue 5 ore di durata, correva il rischio di allontanare il pubblico e di tradire le finalità di intrattenimento popolare, prima ancora che storiche e filosofiche, con le quali fu composta.

compagnia hamlet project1-788762Dopo tali premesse, e al netto di 120 minuti di spettacolo, l’Hamlet Project firmato da Patrizio Cigliano (traduttore, adattatore, regista e interprete, nella serata di venerdì 21 marzo, di Polonio) può considerarsi una scommessa vinta. Inutile ribadire la straordinarietà di un testo che non passerà mai di moda; più interessante sottolineare la dinamicità della regia, che inscatola parte della scena in un cubo rotante sul palco con un suggestivo effetto claustrofobico, e la felicissima direzione attoriale, che ha nell’Amleto di Alessandro Parise, nella regina Gertrude di Daniela Cavallini e nell’Ofelia di Domitilla D’Amico gli elementi più convincenti, ai quali si aggiungono due ottime spalle non solo comiche come Biagio Musella e Cristiano Priori nei panni di Rosencrantz e Guildenstern. Che dire, poi, della classe di Gigi Proietti, che presta la voce allo spirito del re assassinato? Meno a fuoco il dosaggio dei toni utilizzati, spesso assai concitati e pericolosamente a rischio di enfasi non desiderata. Non si nega un plauso in più alla squadra tutta, costretta a districarsi con un po’ di fatica in una gimkana di funi e tende, limiti di una sede fisica non proprio adatta per allestimenti che ambirebbero a spazi più ampi.

Giuseppe D’Errico 22 Marzo 2014

http://www.criticalminds.it/?p=4690

UFFICIO STAMPA – Progetto per un teatro autonomo e di tutti

Patrizio Cigliano aveva chiaro in mente cosa c’era da fare quando ha pensato di mettere in scena Amleto nella sua versione originale, quella del 1603, ritrovata nell’Ottocento e solo da poco certificata come autentica, mai messa in scena in Italia.

Cigliano sapeva che il modo migliore per arrivare al teatro, in questo momento storico di contrazione fino all’azzeramento del sostegno alle produzioni di spettacoli indipendenti e innovativi al di fuori del circuito dei grandi palcoscenici, era quello di fare tutto da sé. E per questo ha creato uno spettacolo, “Hamlet project”, in scena dal 18 marzo al 6 aprile al Teatro dell’Orologio, totalmente prodotto dagli attori che lo insceneranno. Anche per la selezione dei protagonisti il criterio è stato di rottura, difformità totale rispetto alla prassi vigente. Gli attori sono stati invitati a inviare un proprio video anonimo girato con uno smartphone tramite il sito dello spettacolo, senza curriculum e senza altri elementi che avrebbero potuto influenzarne la valutazione in qualsiasi modo. L’obiettivo era quello di trovare compagni di scena realmente motivati, scegliere privandosi di condizionamenti o imposizioni di sorta. E pare proprio che il fine sia stato raggiunto. Dopo sei mesi di prove ininterrotte e quattro anteprime al Teatro Tor Bella Monaca, “Hamlet Project” arriva al Teatro dell’Orologio e promette di sorprendere.

La versione originale del testo rispecchia gli intenti reali di Shakespeare: scrivere uno spettacolo per tutto il popolo, che fosse comprensibile, dinamico, con accensioni repentine e una storia ben strutturata. Non quindi la consueta messa in scena da 5 ore ma un’ora e mezza di teatro shakespeariano puro. I 10 attori e il regista hanno investito in questo lavoro, risorse immateriali ed economiche e ogni guadagno verrà ripartito in percentuali identiche. Una forma di “partecipazione diretta” che avvicina al teatro chi lo fa e chi lo vive al di qua del palco. E ha avvicinato anche personaggi famosi, che hanno sposato questa causa teatrale, sostenendola come potevano e gratuitamente. Gigi Proietti ha prestato la voce al fantasma, il Presidente dell’Accademia di Moda e Costume, Andrea Viotti, ha disegnato i costumi, realizzati dalla sartoria Fioriani, Fabiana De Marco ha creato le scenografie e Pietro Sperduti ha curato il disegno luci. “Hamlet project” è la riprova che esiste un modo più profondo di fare teatro, confondendosi con l’arte che si fa e con cui si viene in contatto, diventando un’unità capace di trasmettere ancora più significato. Progetti come questo dovrebbero durare il più a lungo possibile.

Stefano Cangiano
14 Mar 2014

http://www.urloweb.com/spettacoli/categorie-spettacoli/teatro/5589-progetto-per-un-teatro-autonomo-e-di-tutti

HAMLET PROJECT OFFICIAL TRAILER

dal 19 Marzo al 6 Aprile 2014
Teatro dell’Orologio – Roma

Traduzione, adattamento e Regia di Patrizio Cigliano.

Con Andrea Cannucciari, Daniela Cavallini, Patrizio Cigliano, Domitilla D’Amico, Gianni Giuliano, Marco Manca, Marco Montecatino, Biagio Musella, Alessandro Parise, Cristiano Priori, Daniele Sirotti.

e la partecipazione straordinaria in voce di Gigi Proietti nel ruolo del Fantasma.
MAESTRI D’ARMI: MASSIMO CIMAGLIA e DARIO SPAMPINATO
SCENE: FABIANA DI MARCO
COSTUMI: ANDREA VIOTTI e ANNA MISSAGLIA
MUSICHE ORIGINALI: GIACOMO DEL COLLE LAURI VOLPI
LIGHT DESIGNER: PIETRO SPERDUTI
SARTORIA: FARANI
UFFICIO STAMPA: MARZIA SPANU
Assistenti alla Regia: Giorgia Palmucci e Marco Barbato

Lo spettacolo è interamente prodotto dal Cast