UFFICIO STAMPA – “Shakespeare’s Hamlet Project”, un’impresa contro la crisi del teatro

Prima di entrare in un’analisi dello spettacolo in sé, bisogna partire dalle origini del tutto: Hamlet Project è una produzione collettiva, fortissimamente voluta da Patrizio Cigliano, personalità non estranea a operazioni teatrali particolarmente ardite, che ha messo insieme un cast attraverso provini del tutto anonimi – leggi, senza esibire curriculum – e rigorosamente online. Un talent scouting teatrale a tutti gli effetti, in cui è stato premiato solamente il talento. amletoAltro punto: per far fronte alla spaventosa paralisi produttiva e all’immobilismo della crescita di carriera attoriale che affliggono il nostro teatro, Cigliano ha escogitato una nuova forma di produzione a partecipazione diretta – a caratura, si direbbe – dove ogni interprete partecipa economicamente alla realizzazione dello spettacolo, diventandone legittimo proprietario. E tutto, spese quantificate e incassi, sarà diviso in parti uguali, indipendentemente dal ruolo. Infine qualche numero: 6 mesi di prove, 2 volte a settimana, per un totale di oltre 63 giorni e 400 ore.

Alla base dell’impresa, la più famosa tragedia al mondo, Amleto di William Shakespeare, nella prima stesura del 1603 (mai portata in scena in Italia), ormai quasi ufficialmente attribuita al Bardo di Avon. Scoperta da Sir Henry Branbury nel 1823, l’opera si presenta in una forma ben più cruda e asciutta rispetto alla stesura ufficiale che, con le sue 5 ore di durata, correva il rischio di allontanare il pubblico e di tradire le finalità di intrattenimento popolare, prima ancora che storiche e filosofiche, con le quali fu composta.

compagnia hamlet project1-788762Dopo tali premesse, e al netto di 120 minuti di spettacolo, l’Hamlet Project firmato da Patrizio Cigliano (traduttore, adattatore, regista e interprete, nella serata di venerdì 21 marzo, di Polonio) può considerarsi una scommessa vinta. Inutile ribadire la straordinarietà di un testo che non passerà mai di moda; più interessante sottolineare la dinamicità della regia, che inscatola parte della scena in un cubo rotante sul palco con un suggestivo effetto claustrofobico, e la felicissima direzione attoriale, che ha nell’Amleto di Alessandro Parise, nella regina Gertrude di Daniela Cavallini e nell’Ofelia di Domitilla D’Amico gli elementi più convincenti, ai quali si aggiungono due ottime spalle non solo comiche come Biagio Musella e Cristiano Priori nei panni di Rosencrantz e Guildenstern. Che dire, poi, della classe di Gigi Proietti, che presta la voce allo spirito del re assassinato? Meno a fuoco il dosaggio dei toni utilizzati, spesso assai concitati e pericolosamente a rischio di enfasi non desiderata. Non si nega un plauso in più alla squadra tutta, costretta a districarsi con un po’ di fatica in una gimkana di funi e tende, limiti di una sede fisica non proprio adatta per allestimenti che ambirebbero a spazi più ampi.

Giuseppe D’Errico 22 Marzo 2014

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